di
Enzo Barone
La
settimana scorsa ho compiutamente compreso anzi ho sperimentato concretamente
cosa significhino le espressioni Rendita
di posizione, Essere arrivati o
anche Aver tirato i remi in barca. E
questo non è accaduto grazie al termine di un lungo processo di maturazione
umana, di un percorso speculativo o per via di chissà quale esperienza
esistenziale, ma grazie ad una partita di calcio, dalle conseguenze
sportivamente disastrose, per qualcuno addirittura drammatiche.
E’
accaduto infatti che, dopo la partita nella quale la nostra nazionale è stata
eliminata di mondiali di Russia, mi sia dovuto doverosamente adoperare per
consolare dalla delusione mio figlio quindicenne, grande appassionato e grande patriota.
Potevamo aspettarcelo, sai…la squadra è
questa, che vuoi farci…c’era poco da fare…pazienza non è la fine del mondo…
sai, alla fine non tutti i mali vengono per nuocere: ho detto tutte
queste cose, pressappoco. Frasi scontate, prevedibili, ma innegabilmente
opportune, adeguate all’uopo. Dal mio punto divista però.
E
infatti dopo aver esaurito completamente la paterna Ars consolatoria, il
ragazzo, con una rassegnazione dolce e inappellabilmente mesta, mi ha risposto:
“Fai presto a mettere punto e a capo, a
prendere le distanze tu; hai avuto la gioia di vedere la nazionale vincere due
mondiali e il Palermo tra le prime della serie A. Io invece ricordo solo
eliminazioni mondiali e serie B: facile lasciar perdere per te. Le tue
soddisfazioni ormai te le sei prese.
Mi
è rimasto solo da ammettere laconicamente che aveva ragione e che mi dispiaceva
molto per lui e andare poi a dormire.
Si
ho pensato: questo vuol dire essere ormai appagato, aver tirato i remi in
barca, sentirsi arrivati, questa è la rendita di posizione. E cioè l’aver
percepito che ormai quello che è fatto è fatto, che hai messo in deposito le
tue belle soddisfazioni, le mete raggiunte, magari selezionando ciò che è
pregevole, ciò che vale ricordare ed elidendo sconfitte, frustrazioni, attese
vuote. Ecco ad un certo punto è successo – senza che me ne accorgessi – che
abbia deciso che quello che avevo visto, che avevo avuto poteva bastarmi,
poteva costituire il mio bel deposito emotivo a rendita limitata, ma sicura,
come i BOT. E in più mettiamo in conto, a debito di certo, che questa
consapevolezza mi poneva spietatamente nella condizione di non essere in grado
di compatire (nel senso etimologico del verbo) mio figlio. Tutto sportivamente
parlando, è chiaro. La vita è un’altra cosa.
O forse
no?
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