di
Marco Ferrante
foto di
Pippo Zimmardi
Alla fine era tutto come
prima.
Non sapevo più né leggere
né scrivere,
e un grido sconosciuto mi
si spezzava in gola
implorando voci a me
estranee.
Prima erano le cose di
tutti i giorni.
Il blu del cielo, il grigio
strada, un gatto rosso.
Prima era il mondo delle
cose antiche.
Non ricordo dove avevo
imparato quelle cose.
Prima non avevo
pensiero
che non le nuvole sopra la
mia testa.
Ho aperto la porta e fatto
un passo nella stanza buia.
Con un braccio ho fatto un
gesto per afferrare qualcosa
ma non ho trovato
niente.
E’ questa la ragione per
cui sono andato via.
Per incontrare un migliaio
di strade
e non ne sposarne neanche
una.
Ho disimparato il mio
nome.
E sono diventato il
barang, il gringo, e il mzungo.
E dopo tutto questo
viaggiare
non ho trovato
niente.
Era tutto come
prima
Ero solo diventato piú
stupido e indaffarato.
Non sapevo il
nome
e non sapevo la
strada.
Tutto come
prima.
Ma c’era il gracidare forte
prima di andare a dormire,
i gechi sui muri
affamati,
e qualche rumore lontano di
motocicletta nella notte.
C’era tanta
confusione,
nella stanza nuvole nere
dalle forme strane.
E una figura
irriconoscibile,
che potrei essere stata
io.
Ho visto la giungla che
ricordavo
nei miei libri da
bambino,
profili di monti buttarsi a
precipizio sul mare,
donne piegate su campi di
riso.
I tuoi occhi d´oltremare
perduti tra le nuvole infinite.
E alla fine avrei voluto
credere che non fosse altro che questo.