di Valentina Sechi
Si chiama IS
(acronimo di Stato Islamico) ed è la minaccia numero uno alla sicurezza
mondiale. Un‘organizzazione terroristica che elimina tutti coloro che non si
riconoscono nella sua visione rigorosa dell’Islam esistita sotto varie forme e
con varie denominazioni sin dal 1999.
Il suo fondatore
è il Giordano Al-Zarqawi, figura marginale della jihad internazionale
utilizzata dall’amministrazione Bush come prova che al-Qaeda era in combutta
con Saddam Hussein. Poco dopo l’invasione americana dell’Iraq, nel 2003,
al-Zarqawi gettò le basi per la creazione dell’odierno Stato islamico dando
vita al partito del monoteismo e della Jihad. Nel 2004 unì il suo gruppo a
quello di Bin Laden rinominandolo al-Qaeda in Iraq (AQI). Già nel 2005 il focus
su obiettivi civili provocò una lettera di biasimo da parte di al-Qaeda che
rimase
Dalla primavera del 2006
cominciò a vedersi come qualcosa più di un emiro aspirando ad assumere la
leadership spirituale, sostenendo che i sunniti iracheni dovevano attenersi ad
un’interpretazione rigida della sharia (la legge islamica) e coloro che si
rifiutavano dovevano essere giustiziati. Nel giugno dello stesso anno tuttavia
rimase ucciso durante un attacco aereo ad opera degli USA. Molte
tribù sunnite insofferenti al rigore imposto da Zarqawi cominciarono a
contrattaccare. I Sunniti che decisero di combattere AQI e che avevano in
precedenza lottato contro gli americani vennero chiamati Figli dell’Iraq a
dimostrazione del fatto che molti dei suoi comandanti erano stranieri. Questi Iracheni
sunniti credevano che schierandosi con gli Americani avrebbero goduto
dell’immunità per i loro crimini precedenti, ottenuto contratti col governo di
Washington per ricostruire le aree devastate dalla guerra e potere politico su
Baghdad. Dopo un tentativo fallito da parte degli USA di costruire una pace
duratura tra Sciiti e Sunniti, fu la volta del governo iracheno del suo Primo Ministro
Maliki. Quest’ultimo e la sua coalizione di governo a maggioranza sciita
tuttavia erano più interessati alla recriminazione che alla riconciliazione. Ai
Figli dell’Iraq vennero negati i salari promessi e i contratti col Governo, i
politici sunniti furono ignorati, umiliati fino ad arrivare alla condanna a
morte in contumacia del Vice Presidente Hashimi accusato di terrorismo. Nello stesso
tempo, tra i ranghi dell’esercito e della polizia irachena si vennero a trovare
molti Sciiti alcuni dei quali parte delle milizie che avevano ucciso i Sunniti.
Il risentimento di questi ultimi crebbe al punto da porre in essere le
condizioni per il ritorno dell’AQI a seguito del ritiro delle truppe americane
nel 2011.
Il suo nuovo
leader era al-Baghdadi e il gruppo cambiò la sua denominazione in Stato
islamico dell’Iraq (ISI) nel tentativo di stabilire legittimità tra i Sunniti iracheni
che la ritenevano un’organizzazione straniera. Durante il periodo del “Risveglio” sunnita
l’ISI divenne sempre più marginale a causa del suo estremismo. Quando la guerra
in Siria, teatro di una rivolta contro il Presidente Assad, presentò
un’opportunità di espansione, L’iSI si spostò nel Paese e presto
l’organizzazione mutò nuovamente nome assumendo quello di Stato Islamico in
Iraq e Siria (ISIS) nel 2013. Essa
si presenta adesso come un’alternativa ideologicamente superiore ad al-Qaeda
all’interno della comunità jihadista e ha pubblicamente sfidato la legittimità
del suo leader. Sebbene l’IS non sia mai
stato affiliato di Al-Qaeda quest’ultima ne aveva inizialmente sostenuto
l’attività ma a seguito della questione siriana, ha preferito l’organizzazione jihadista
rivale dell’ISIS fronte di Al Nusrah. Una differenza importante tra le due
organizzazioni è che Al Qaeda era nata sull’idea di sviluppare una legione
straniera sunnita che avrebbe dovuto difendere i territori abitati dai
musulmani dall’occupazione occidentale, l’IS su quella di creare un califfato
islamico esclusivamente sunnita che riunisce potere religioso e politico capace
di pesare sulla scena mediorientale.
La presa di
Mosul, la seconda città più grande dell’Iraq, segnò una nuova fase nell’evoluzione
dell’ISI che dimostrò la sua capacità di conquistare e controllare il
territorio. In quest’occasione, Baghdadi si promosse Califfo, ridenominò il
gruppo Stato Islamico (IS) estendendo le sue ambizioni al controllo dell’intera
regione dal Mediterraneo al Golfo in quanto per i musulmani più radicali non esistono
Stati ma l’unione di tutti i musulmani che seguono la tradizione (Ummah).
Nonostante una
storia turbolenta, l’ISIS è l’organizzazione terroristica più ricca al mondo con
guadagni stimati per circa 1 milione di dollari al giorno. I suoi finanziamenti
derivano da riscatti a seguito di rapimenti, vendita di donne e bambini come
schiavi sessuali, contrabbando di antichità e petrolio, rapine in banca e
inizialmente anche da donazioni dagli Stati del Golfo (sospese quando le azioni
del gruppo hanno attirato l’attenzione mondiale).
I suoi punti di
forza sono la capacità di reclutare proseliti e mobilitare sostenitori anche
ricorrendo ai social media (come dimostrano le crocifissioni postate su Twitter,
le foto delle esecuzioni sul web e i selfie con le teste degli avversari
decapitati), nella sua esperienza di combattimento, nelle sue considerevoli
risorse economiche e nell’ampia base territoriale. Le sue debolezze la
violenza, il settarismo e l’interpretazione rigida della legge islamica che pretendendo
di rappresentare tutti i musulmani può allontanare potenziali sostenitori, l’inefficacia
del suo governo.
Un’altra
questione controversa è legata alla possibilità di definire l’IS islamico in
senso proprio. Sebbene i militanti si dichiarino musulmani, per altri fedeli
tradiscono la vera essenza della loro fede. L’Islam è una predicazione in cui
il fedele deve spendersi per attuare la volontà di Dio sulla terra. Non è ben
chiaro dalle sue fonti se la violenza sia ammessa solo per legittima difesa.
Quel che è certo è però che i musulmani hanno un codice che proibisce di fare
del male a donne e bambini non rispettato dall’organizzazione. L’Isis fa paura
quando minaccia di voler ricongiungere al proprio territorio Africa, Spagna e
Italia considerati parte della grande regione islamica nel suo apogeo. Sono
partiti i raid aerei statunitensi e oltre 40 Paesi hanno espresso il loro
sostegno a questa campagna. La risposta non si è fatta attendere: i combattenti
sono incoraggiati a uccidere civili e miscredenti nel caso non vogliano
convertirsi in uno scenario folle dove guerra e violenza sembrano degenerare verso
una distruzione accecante in nome del loro Dio. Inquietante è anche la presenza
di 3000 europei tra le fila dell’organizzazione oltre alla presenza di giovani
in situazioni di disagio economico, sociale e identitario che in essa cercano
il riscatto poiché reduci e caduti godono di grande considerazione. È un dramma
che si consuma ogni giorno, quasi per uno scherzo del destino nella stessa area
che ha visto fiorire le prime civiltà.
Palermo,
23/09/2014
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