mercoledì 5 luglio 2017

Filippo Basile, la memoria di un “eroe“ normale a 18 anni dall’omicidio


di Rosario Ales


 Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi
Bertold Brecht

Il 5 luglio del 1999 Filippo Basile, appena uscito dall’ufficio, si dirige verso la sua auto, parcheggiata nei pressi dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione siciliana, mette le mani al volante, la ruota è tagliata, viene freddato da tre colpi di pistola e poi il silenzio dell’horror vacui della morte, nel rispetto di una consolidata consuetudine sicula: nessuno ha visto e sentito niente.
La giustizia dei Tribunali accerterà e condannerà il funzionario regionale Sprio Nino Velio nella qualità di mandante dell’omicidio con il movente della vendetta nei confronti di Filippo Basile per avere istruito il procedimento di licenziamento che lo riguardava  e l’esecutore materiale Giliberti Ignazio, assoldato dallo stesso Sprio e poi, passato dopo l’arresto nei ranghi di collaboratore di giustizia.
Come da un romanzo di Camilleri dalle dichiarazioni rese da Giliberti, quando a Sprio fu comunicato l’esito dell’operazione delittuosa, commentò in dialetto siciliano:“E pure stu curnutazzo si levò d’in mezzo i piedi, minchia quanto mi fici cummattere”.


Questa la cronaca dei fatti, che non potrà restituire Filippo alla moglie, al figlio che allora aveva otto anni, alla madre ed agli amici; ad essi non potrà essere restituita la presenza di un uomo integerrimo, affabile, un amico sincero. Era laureato in Economia e Commercio e stava per laurearsi anche in Giurisprudenza.  Il suo primo concorso l’aveva vinto al Ministero delle Finanze, con sede di lavoro a Roma, in seguito risultò vincitore al concorso per dirigente amministrativo della Regione siciliana, conquistato per  merito, competenza e professionalità e non per altri “requisiti”.
All’epoca nel 1999 ricopriva il ruolo di dirigente dell’ Ufficio del Personale ed Affari generali all’Assessorato regionale Agricoltura e Foreste, non apparteneva a nessun politico, disprezzava il servilismo, l’indifferenza di alcuni colleghi; poteva apparire dal carattere ruvido, burbero ma in realtà era una persona che ascoltava e comprendeva oltre la superficialità delle apparenze.

Nell’esercizio amministrativo del suo ruolo di dirigente fu solo ad istruire la pratica di licenziamento di Sprio per  una condanna definitiva in Cassazione nel ’98, che lo riconosceva colpevole di associazione a delinquere e truffa aggravata; fu solo a prendere atto della condanna e della interdizione dai pubblici uffici.
Fu solo a mandare l’elenco completo dei funzionari indagati o condannati alla Commissione regionale Antimafia, qualche mese prima di essere assassinato.

E’ proprio vero il detto popolare “il tempo è galantuomo”. Oggi sono chiare le dinamiche e responsabilità di quei giorni, il contesto interno ed esterno dell’Assessorato Agricoltura ed una storia a parte riguardano i tempi, i modi e le regole di diritto amministrativo che afferivano alla singolarità del  procedimento amministrativo di destituzione di Sprio, attivato dallo stesso Basile. 


A noi suoi amici piace ricordarlo come una persona normale che rispecchiava in modo trasparente i valori di onestà e legalità, a tutti noi con la sua vita ha testimoniato che il lavoro quotidiano ha il significato di inderogabile dovere, missione che nel suo adempimento esprime la dignità dell’uomo e il suo amore per la vita.
Filippo non era solo casa e lavoro, gli piaceva la compagnia di amici e compagni di classe, con i quali nei tempi del liceo si intratteneva volentieri, rincasando tardi e mettendo in apprensione sua madre, cui era molto affezionato. Aveva molteplici interessi per la storia, la filosofia, il cinema, la letteratura, l’informatica e l’hobbies dei libri di fantascienza, confidandomi che la lettura di questo genere lo rilassavano dallo stress, come anche il fumare  pipa e la compagnia del suo amato gatto.

Concludo ritornando al monito brechtiano, già citato in apertura.  Esso ci mostra una doppia infelicità o potremmo dire, doppia miseria: da un lato solo un “eroe” può emendare dalle miserie dell’umanità, dall’ altro come scrisse Marco Revelli su la Repubblica, 12 dicembre 2013 “queste figure dell’eccezionalità finiscono per mostrare - e misurare -, con le loro virtù solitarie, l’estensione dei vizi collettivi.…più che stucchevoli esercizi di retorica, dovrebbero sollecitare penosi esami di coscienza”.


2 commenti:

  1. Se La Regione vuole rivendicare un'identità diversa da quella di un passato ingombrante -ed è doveroso che voglia farlo- ,deve far leva sulla memoria di paladini della legalità come Filippo Basile.

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